ll pavimento sopraelevato deve possedere caratteristiche tecniche tali da non fare insorgere negli ambienti pericolosi accumuli di cariche elettrostatiche.
E’ fondamentale considerare che la buona norma nella costruzione e installazione dei pavimenti sopraelevati da sola non basta a garantire condizioni equilibrate dal punto di vista elettrostatico.
I termini usati per descrivere le proprietà e le caratteristiche fisiche ed elettrostatiche del pavimento sopraelevato, dipendono dagli standard applicati e a seconda del paese in cui quest’ultimi sono utilizzati.
Genericamente si può definire:
ISOLANTE: Materiale la cui resistenza superficiale è maggiore di 10 12 ohm/m2; Non garantisce la dissipazione delle cariche elettrostatiche;
ANTISTATICO: Materiale che ha la proprietà fisico-elettrica di prevenire l’accumulo di energia elettrostatica e presenta una discreta capacità di dissipare le cariche elettrostatiche. Queste proprietà possono essere sia naturali che indotte con l’ausilio di varie tecniche costruttive. La resistenza superficiale è generalmente compresa fra 105 ÷ 1012 ohm/m2;
STATICO CONDUTTIVO O STATICO DISSIPATIVO: Materiale che soddisfa esigenze antistatiche e che possiede anche limitate capacità conduttive generalmente richieste in maniera specifica dalle industrie per requisiti di sicurezza del personale. La resistenza superficiale si posiziona verso i limiti inferiori dei valori di antistaticità (esempio 105 ÷ 108 ohm/m2);
CONDUTTIVO: Materiale caratterizzato da conduttività elettrica confinata entro un limite inferiore e superiore. I materiali inseriti in questa categoria posseggono la capacità di assicurare l’invio delle cariche elettrostatiche verso terra e di prevenire la loro generazione. La resistenza superficiale è compresa fra 103 ÷10 6 ohm/m2, hanno una veloce dissipazione delle cariche elettrostatiche verso terra.
Il generarsi di cariche elettrostatiche è un fenomeno naturale che nasce dal contatto e dall’immediata separazione di almeno due superfici. Non è necessario che i due oggetti si sfreghino, anche se ovviamente questo contribuisce a generare cariche elettrostatiche; è infatti nel momento della separazione che avviene il trasferimento di elettroni fra i due materiali generando così la carica elettrica. Viene chiamata carica elettrostatica perché tende a rimanere localizzata in un punto se non si interviene per neutralizzarla. L’accumulo di dette cariche produce differenze di potenziale per cui, tra corpi che vengono in contatto fra loro o anche solo in prossimità, si possono originare scariche elettriche di entità non controllabile.
Se il materiale di contatto è conduttivo o dissipativo, la carica elettrica viene dispersa velocemente (es. con un collegamento a terra), mentre nel caso di corpi isolanti rimane localizzata nel materiale per lungo tempo. E’ ben chiaro dunque, che i materiali isolanti sono le più pericolose fonti di cariche elettrostatiche e il loro uso deve essere il più possibile limitato, soprattutto all’interno di aree con presenza di componenti elettronici sensibili alle scariche elettrostatiche (come ad esempio nei data center).
In presenza di superfici o volumi degli oggetti coinvolti di piccole dimensioni, l’energia statica non si manifesta in modo evidente in quanto l’elemento dielettrico dissipativo (l’aria) ne consente la dispersione.
La condizione più elementare per la generazione di energia elettrostatica è il movimento delle persone o lo spostamento di oggetti sulla superficie di un pavimento.
Le azioni di cui sopra originano cariche elettrostatiche di diversa entità a seconda delle condizioni igrometriche presenti nell’ambiente dove si effettuano. Infatti, si deve sapere che il pavimento sopraelevato interagisce con l’intera funzionalità dell’ambiente in cui è esso installato: ad esempio, climi secchi, con umidità relativa dell’aria del 30% o inferiori, possono generare facilmente cariche elettrostatiche prossime ai 5.000 volt.
Gli shock elettrostatici sono di solito accompagnati da una piccola scintilla di una energia tale sufficiente a interferire con i sistemi elettrici, causando danni permanenti ai componenti elettronici sensibili, e oltre certi valori arrivando a superare la soglia del dolore per il corpo umano che si verifica attorno ai 2.000 volt.
Tale protezione non è meno importante nell’ambito delle scelte tecnico-architettoniche tipiche della progettazione di un edificio ad uso ufficio, ove la presenza di personale e delle apparecchiature telematiche è un fattore ormai predominante.
E’ altresì importante considerare le condizioni ambientali che vi saranno nei locali: infatti, se da un lato abbiamo gli ambienti ottimali per i computer e per i lavori legati all’elettronica (di solito mantenuti ad una umidità relativa intorno al 50%), dall’altro abbiamo gli uffici (con forte presenza umana) che possono presentare valori di umidità relativa molto bassa (fino al 25%) soprattutto nella stagione invernale, quando alla fase di riscaldamento, raramente ne consegue una di umidificazione dell’aria in ambiente. Qualora l’umidità relativa dell’ambiente sia più alta del 50%, i problemi elettrostatici si attenuano.
A questa condizione, nel caso di rivestimento di tipo tessile, per esempio, il contenuto di umidità che viene imprigionata dalle fibre che lo compongono, è tale da ridurre la resistenza elettrica del pavimento.
Logicamente, se si mantenesse il grado di umidità relativa al di sopra del 50%, si ridurrebbero, in molti casi, i problemi legati alla carica statica. Contrariamente, al diminuire della umidità del tessuto si riscontra un aumento della resistenza elettrica che può provocare un sensibile incremento delle capacità di accumulo delle cariche elettrostatiche, ovvero dei valori di isolamento che si devono evitare.
Nel caso di pavimenti di tipo resiliente, questo fenomeno è sensibilmente diverso in quanto l’incidenza del diverso livello di umidità trova effetto solo sulla superficie e non sull’intera massa.
In generale, i materiali da considerare e utilizzare, devono assicurare la tendenza antistatica.
Il miglior metodo per controllare le emissioni elettrostatiche è quello di ridurre la resistenza elettrica tra le superfici (es. tra pavimento e pavimento, oppure tra pavimento e arredi) e inoltre assicurare che, a prescindere dal metodo di generazione, le cariche elettrostatiche possano rapidamente essere dissipate.
Ci sono vari metodi per raggiungere questo scopo: alcuni produttori includono dei fili di metallo nelle fibre dei pavimenti tessili stessi, oppure, per i pavimenti resilienti, vengono utilizzati metodi come l’utilizzo di additivi chimici conduttivi o polvere di grafite, che riscaldate e pressate, sono fuse nei materiali per pavimento durante la loro preparazione, in quantità variabile a seconda del grado richiesto di resistenza elettrica interna.
L’esperienza ha dimostrato che le caratteristiche elettrostatiche sui pavimenti resilienti si degradano, quando quest’ultimi, vengono lucidati e/o passati con cere normali.
Due altri fattori importanti da considerare in un pavimento sopraelevato sono:
- la resistenza di superficie
- la resistenza verticale o a terra.
Per resistenza di superficie si indica, l’abilità del pavimento sopraelevato di eliminare le cariche elettrostatiche dal sistema, mentre per resistenza a terra, si intende l’abilità del pavimento a rimuovere le cariche e a condurle a terra.